11 marzo 2018

ACRONIMI DI QUALITA'

L’ultimo raccolto di nocciole è stato infausto, come abbiamo già avuto modo di riportare, causa il decorso climatico – gelate primaverili e siccità estiva - e la cimice asiatica che ha trovato un habitat ideale nei corileti. Una buona notizia, per fortuna, arriva dall’Europa che ha dato parere favorevole all’iter burocratico che porterà all’IGP "Nocciola delle Langhe", trovando unanimi consensi a tutti i livelli istituzionali del territorio.

Un’occasione per ricordare che cosa sta a significare l’acronimo IGP, l’Indicazione di Origine Protetta. Il termine si riferisce a prodotti tipici di una certa area geografica, che potranno essere ottenuti o trasformati o elaborati in quel territorio. Attenzione alle “o”! Una sola di quelle fasi del processo produttivo è sufficiente all’attribuzione del riconoscimento europeo. Per i vini, si può sostituire con la sigla IGT, Indicazione Geografica Tipica. Questi ultimi, a differenza dei normali vini da tavola, al primo gradino della piramide di qualità, possono riportare in etichetta oltre che l’indicazione del o dei vitigni, anche l’annata di raccolta. Al nome designato si può aggiungere il colore – bianco, rosso, rosato - e il nome della o delle varietà. 

La Denominazione di Origine Protetta, DOP, è un marchio riservato agli alimenti le cui fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in una zona geografica delimitata. E qui, le tre condizioni devono essere verificate, saliamo nella scala delle denominazioni e le condizioni si fanno più restrittive, vincolate da un disciplinare il cui rispetto è affidato a un organismo di controllo. In Italia, per i vini, la normativa prevede l’uso della sigla DOC, dove la “C” sta per Controllata e ci riporta ai Consorzi di Tutela che vegliano al rispetto dei disciplinari.

Ultimo livello, e qui il nostro Paese si distingue con un riconoscimento nazionale, la DOCG, e la Denominazione oltre che Controllata è Garantita. La si può attribuire a quei vini che hanno “militato” nella DOC per almeno 5 anni, che oltre ad avere speciali pregi organolettici, abbiano acquisito una particolare fama e norme di coltivazione e vinificazione più rigorose ma anche obblighi cui sottoporsi obbligatoriamente come riportare l’annata in etichetta, tranne che per gli spumanti. Già, pochi lo sanno, ma tale vincolo non esiste per le DOC. Devono poi essere sottoposti a un doppio esame, il secondo in fase di imbottigliamento. Tale designazione può applicarsi anche a un territorio ristretto di una DOC o a una tipologia di maggiore pregio e riferirsi quindi a zone dalle caratteristiche di notevole valore.  Pensiamo a un esempio di casa nostra: Barbera del Monferrato DOC e Barbera del Monferrato DOCG.

Una domanda, legittima, si pone. Ma essere nelle sfere alte delle denominazioni significa inconfutabilmente fornire un’assoluta garanzia di qualità o anche certi Vini da Tavola possono risultare di pregio? Alcuni esempi eclatanti, passati e presenti ci offrono vini senza appellazioni ma di elevato lignaggio. E poi, lasciamo un po’ di spazio al romanticismo, il termine stesso “da tavola” che deve sempre essere modificato ma resiste, piace, anche perché attribuisce al nettare di Bacco la sua giusta collocazione, sulla mensa quotidiana e non solo nelle aule di degustazione, volutamente asettiche e, a volte, troppo lontane dal mondo della vitivinicoltura vissuta.

 

 

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