6 febbraio 2018

IL "GREENING", UN ROMPICAPO EUROPEO

Il “greening” o pagamento ecologico, è una delle sette componenti del nuovo sostegno della Pac (Politica agricola comunitaria) post 2013. E’ la seconda componente per ordine di importanza dopo il pagamento di base, con una percentuale fissa del 30% delle risorse finanziarie, uguale per tutti gli Stati membri. Costituisce una vera novità per la Pac 2014-2020 e rientra nel processo di “ambientalizzazione” del sostegno all’agricoltura. Una novità che ha provocato, fin dalla sua prima applicazione, nel 2015, importanti cambiamenti nelle scelte degli ordinamenti colturali, soprattutto nelle aziende intensive di pianura.

Fin dall’inizio del dibattito che ha portato all’accordo politico del giugno 2013, il greening aveva determinato una forte polemica. La Commissione aveva presentato una proposta molto più forte e incisiva, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno profondamente modificato l’iniziale proposta della Commissione proponendo un “greening light” e flessibile, con numerose eccezioni.
Hanno diritto al pagamento del greening solamente gli agricoltori che percepiscono il pagamento di base, collegato al possesso dei titoli Pac.
Avendo l’Italia scelto di applicare la convergenza interna “modello irlandese”, il pagamento del greening è calcolato come una percentuale del valore dei titoli di ciascun agricoltore ed è pari a circa il 50%, quindi è diverso da agricoltore ad agricoltore, tenendo conto del valore dei pagamenti storici (anno 2014).
Il mancato rispetto del greening comporta l’applicazione di sanzioni amministrative che assumono la forma di una riduzione dell’importo del pagamento verde (art. 77, par. 6 del Reg. 1306/2013). Le sanzioni amministrative sono proporzionali e graduate in funzione della gravità, della portata, della durata e della ripetizione dei casi d’inadempimento interessati. Fino al 2016 le sanzioni amministrative potevano arrivare al massimo al 100 % del pagamento verde, nei casi di maggiore gravità. Dal 2017 le sanzioni amministrative riguardano anche il pagamento di base per un importo fino al 20 % per il 2017 e fino al 25 per cento dal 2018.
Per accedere a tale pagamento gli agricoltori devono rispettare sui loro ettari di superficie ammissibile tre pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente:
Diversificazione delle colture;
Mantenimento dei prati permanenti;
Presenza di aree ecologiche.
Le tre pratiche devono essere rispettate, se del caso, congiuntamente.

La diversificazione delle colture
Concettualmente la diversificazione è un concetto diverso dalla rotazione o avvicendamento delle colture e si realizza con la presenza contemporanea nell’azienda di più colture. Si applica solamente ai seminativi, con esclusione quindi delle colture permanenti (frutteti, vigneti, pascoli). Questo impegno prevede: 
la presenza di almeno due colture nelle aziende la cui superficie a seminativo è compresa tra 10 e 30 ettari (quindi le aziende con una superficie inferiore a 10 ettari sono esentate), nessuna delle quali copra più del 75 % della superficie a seminativo;
la presenza di almeno tre colture nelle aziende la cui superficie a seminativo è superiore a 30 ettari; la coltura principale deve coprire al massimo il 75 % della superficie e le due colture principali al massimo il 95 % della superficie a seminativo. Quindi la terza coltura deve coprire almeno il 5 % della superficie.
Inoltre, fatto salvo il numero di colture richieste a norma del paragrafo 1, i limiti massimi ivi stabiliti non si applicano alle aziende qualora l'erba o le altre piante erbacee da foraggio o i terreni lasciati a riposo o investiti a colture sommerse per una parte significativa dell'anno o per una parte significativa del ciclo colturale occupino più del 75% dei seminativi. In tali casi, la coltura principale sui seminativi rimanenti non occupa più del 75% di tali seminativi rimanenti, salvo nel caso in cui dette superfici rimanenti siano occupati da erba o altre piante erbacee da foraggio o terreni lasciati a riposo (Reg. UE 1307/2013 così modificato dal Reg. 2343/2017 del 13/12/2017 “Omnibus”).


Sono escluse dall’obbligo di diversificazione, le aziende in cui:
a) i cui seminativi sono utilizzati per più del 75% per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio, investiti a colture di leguminose, costituiti da terreni lasciati a riposo o sottoposti a una combinazione di tali tipi di impieghi;
 b) la cui superficie agricola ammissibile è costituita per più del 75% da prato permanente, utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio o investita a colture sommerse per una parte significativa dell'anno o per una parte significativa del ciclo colturale o sottoposta a una combinazione di tali tipi di impieghi  (Reg. UE 1307/2013 così modificato dal Reg. 2343/2017 del 13/12/2017 “Omnibus”).


Una coltura viene considerata diversa se appartiene a un genere botanico diverso; quindi il grano tenero e duro non sono diversi, appartenendo entrambi al genere Triticum; mentre il grano e l’orzo sono diversi, in quanto appartengono a generi diversi (Triticum e Ordeum, rispettivamente). Anche la terra lasciata a riposo o dedicata a piante foraggere è paragonata a una coltura diversificante. Colture primaverili e invernali sono considerate due colture, anche se appartengono allo stesso genere.

Mantenimento dei prati permanenti
In base al Regolamento 1307/2013, gli Stati membri designano i prati permanenti ecologicamente sensibili: gli agricoltori non possono convertire o arare tali prati permanenti. Gli Stati permanenti devono assicurare che la proporzione della superficie a prato permanente, in relazione alla superficie agricola totale non diminuisca di oltre il 5%; quindi gli Stati membri assicurano il mantenimento di una certa superficie a prato permanente, in relazione alla superficie di riferimento 2015. Al riguardo le norme nazionali prevedono solo che l’agricoltore notifichi ad Agea la riconversione dei prati e pascoli permanenti.

 Aree d’interesse ecologico
Le aree d’interesse ecologico o EFA (ecological focus area) sono obbligatorie per le aziende con una superficie a seminativo superiore a 15 ettari e per almeno il 5% della superficie a seminativo dell’azienda. Le aziende di dimensione inferiore a 15 ettari a seminativo sono esonerate dall’obbligo delle aree di interesse ecologico.
I vincoli delle aree di interesse ecologico si applicano solo alle superfici a seminativo, non si applicano alle colture permanenti ed ai prati e pascoli permanenti. 
Sono escluse dall’obbligo delle EFA, le aziende in cui:
a) i cui seminativi sono utilizzati per più del 75 % per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio, costituiti da terreni lasciati a riposo, investiti a colture di leguminose o sottoposti a una combinazione di tali tipi di impieghi;
 b) la cui superficie agricola ammissibile è costituita per più del 75 % da prato permanente, utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio o investita a colture sommerse per una parte significativa dell'anno o per una parte significativa del ciclo colturale o sottoposta a una combinazione di tali tipi di impieghi  (Reg. UE 1307/2013 così modificato dal Reg. 2343/2017 del 13/12/2017 “Omnibus”).
Gli Stati membri decidono che cosa può essere considerata area ecologica, tenuto conto di un elenco presente nel regolamento: terreni lasciati a riposo, terrazze, elementi caratteristici del paesaggio, strisce tampone, superfici agro-forestali, aree a bosco ceduo, etc. e infine aree a colture azotofissatrici, tutte da assoggettare a fattori di ponderazione (contenuti in allegato al regolamento).
Per evitare di penalizzare quanti già adottano sistemi di coltivazione sostenibili dal punto di vista ambientale, il regolamento prevede un sistema di equivalenza d’inverdimento, in base al quale si considera che le aziende interessate siano già “greenig comformi”. E’ il caso degli agricoltori biologici e i regimi agroambientali che adottano misure equivalenti o munite di certificazioni ambientali, ma solo per le parti di aziende condotte con il metodo biologico o agroambientale. Quindi se un’azienda è interamente biologica ha diritto al pagamento verde senza ulteriori impegni.
Particolare attenzione in questi casi deve essere prestata nei regimi di sostegno dei PSR, ad evitare il doppio finanziamento, ovvero che lo stesso impegno sia pagato sia dal greening, sia dal PSR.

Il caso della soia
Nell’applicare il greening, numerose aziende hanno fatto riferimento alla coltivazione della soia: tale coltura, essendo azotofissatrice, può soddisfare l’impegno del 5% di area di interesse ecologico, ma anche come colture diversificante. Occorre ricordare che le colture azotofissatrici dal 2018 hanno un fattore di ponderazione pari ad uno (in precedenza era di 0,7), tuttavia  le superfici a soia  denunciate come EFA non possono essere trattate con fitofarmaci “per il periodo di durata della coltura azoto-fissatrice”.

Il caso del riso
La riforma della Pac post 2013 ha, come noto, dato un particolare riconoscimento alla risicoltura, praticata in Italia secondo metodi e tradizioni antichi, ma con strumenti e conoscenze moderne; le risaie sommerse hanno un ruolo importante per la preservazione delle risorse naturali e per la gestione sostenibile delle risorse idriche. Di contro obbligare le aziende risicole, normalmente a monocoltura e in distretti irrigui, a diversificare la coltivazione porrebbe le stesse a difficoltà insormontabili. Per questo le aziende risicole (nelle quali la risaia costituisce più del 75% della superficie agricola ammissibile) sono esenti dai due obblighi del greening: diversificazione ed EFA.
Con il regolamento Omnibus del 2017 è stato eliminato l’ulteriore requisito previsto nel 2013, ovvero il limite massimo di 30 ettari di superficie non a riso, facilitando le aziende risicole.

I terreni a riposo
Tra le possibilità previste dal regolamento per soddisfare gli obblighi del greening vi è la messa di una parte dei terreni a riposo. Con le modifiche portate dal Reg. 2017/1155 del 15 febbraio 2017 e recepito dal D.M. n. 5604 del 2/10/2017, il periodo in cui il terreno deve essere lasciato a riposo in un dato anno civile è ridotto da 8 a 6 mesi decorrenti dal 1° gennaio dell’anno di domanda; quindi il terreno a riposo può essere oggetto di lavorazioni e/o coltivazione dal 1° luglio. Sui terreni a riposo durante i sei mesi di vincolo è vietato l’utilizzo di prodotti fitosanitari.

Top